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Il “New Brutalism” nacque in Inghilterra a metà degli anni 1950 fra i membri della sezione di architettura del London County Council, come rifiuto di un tradizionalismo di maniera ispirato al pittoresco e al realismo socialista, che sembrava di nuovo affermarsi nella progettazione di scuole ed edifici pubblici. I motivi di nuclei verticali di servizi e scale che raggruppano a sé i volumi edilizi, o quelli di telai in c.a. che accolgono, denunciandone apertamente la collocazione, le varie funzioni dell’edificio o la scansione dei suoi volumi abitabili, dopo le ultime architetture di Le Corbusier, negli anni 1960 divennero frequenti anche negli USA, basti citare Paul Rudolph e la scuola di Yale. Nel 1963 fu pubblicato in Inghilterra il “rapporto Buchanan” che incide sulla cultura architettonica facendo del traffico un design problem (Zevi), con analisi definitivamente negative dell’impossibile coesistenza fra traffico automobilistico e centro urbano di Londra; poiché “edilizia e traffico costituiscono un’operazione indivisibile,” fu chiara l’esigenza di una nuova traffic architecture, , diversa dall’attuale. Queste istanze passano nell’opera di Dasso e si sedimentano nel complesso progetto per via Madre di Dio, dove il Piano particolareggiato del 1966 termina il rinnovo urbano avviato dal fascismo con la demolizione del medievale Borgo Lanaioli e della Marina. L’intervento di riedificazione, avviato dalla revisione 1965 del PRG 1959, concentra sul solo lato Est della valletta del Rio Torbido, pur nella loro completa realizzazione, tutti i volumi di piano, lasciando libero il piede delle mura medievali. Si persegue il modello di quartiere direzionale ad alta densità verticale, affacciato su una piastra, per separare il flusso automobilistico, l’accesso ai parcheggi e i flussi pedonali e per creare uno spazio verde, dove ricollocare i lavatoi del Barabino (1798). L’asse di via D’Annunzio, collegamento veloce fra piazza Dante e porto con accesso alla Sopraelevata, passa sotto la piastra, che accoglie una piazza e in parte è sistemata a verde (I. Gardella); tuttavia per essa si crea una situazione di marginalità, che le impedisce di essere fulcro aggregante di flussi pedonali. Il blocco a Levante, di Marco Dasso, è una stecca gradonata che si allunga da piazza Dante verso il mare, senza però ricostruire un efficace fronte urbano. Contrapposto ad esso, il blocco a L di Franco Albini e Franca Helg chiude il lato a mare di piazza Dante con corpi edilizi che ricorrono in maniera ripetitiva all’alternanza di fasce piene (pannelli in pietra artificiale rosa) e fasce trasparenti (finestre a nastro) e sbarra l’asse accennato da via Ceccardi.
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